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Screening del tumore ovarico

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 20:26
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La diagnosi si effettua mediante l'esame pelvico ossia la visita ginecologica e la palpazione dell'addome.
Nella valutazione clinica sono importanti l'età della paziente, le dimensioni e la consistenza delle ovaie.
In età fertile l'ovaio normale misura 3,5 cm. In menopausa l'ovaio va incontro ad atrofia, esso misura 2 cm e in menopausa tardiva meno di 2 cm. Se quindi un ovaio palpabile in donna fertile è un ovaio normale, esso rappresenta un tumore dell'ovaio in una donna in post menopausa non necessariamente maligno ma mai disfunzionale. Pertanto in età menopausale e post-menopausale la presenza di un ovaio palpabile è presuntivamente una neoplasia, così come in età fertile un ovaio di diametro superiore a 3,5 cm e di consistenza solida. In questi casi è necessario un accertamento più fine.

L'ecografia transaddominale o meglio transvaginale è molto utile, talvolta combinata con il dosaggio del CA 125, un marcatore serico i cui valori possono però essere elevati in molte situazioni sia tumorali ginecologiche e non ginecologiche, sia in patologie non neoplastiche come epatopatie croniche, pancreatite.

Oltre all'ecografia, vengono utilizzate la TAC addome, il clisma opaco con bario e la risonanza magnetica con lo scopo di verificare la diffusione del tumore e la presenza di eventuali metastasi nel cavo addominale. In linea generale, come detto in precedenza, l'esame pelvico, la determinazione del livello del CA 125 e l'ecografia transvaginale offrono qualche possibilità di una diagnosi precoce del carcinoma ovarico, che però non dà sufficienti garanzie da essere esteso come screening su tutta la popolazione femminile.

Questo approccio è consigliabile nel piccolo numero di soggetti con cancro dell'ovaio di tipo familiare e va eseguito ogni sei mesi a partire dall'età di 30-35 anni.

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Diatermocoagulazione

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 20:22
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La Diatermocoagulazione di condilomi viene adoperata dalla maggior parte dei dermatologi per la distruzione delle neoformazioni cutanee, è una tecnica basata sulla elettrochirurgia, cioè sulla capacità dell'energia elettrica di produrre calore, provocando l'evaporazione dell'acqua e la coagulazione delle proteine cellulari. Tale tecnica viene frequentemente impiegata in molte malattie della pelle, nei condilomi acuminati, nelle creste di gallo.

La Diatermocoagulazione di condilomi viene adoperata dalla maggior parte dei dermatologi per la distruzione delle neoformazioni cutanee, è una tecnica basata sulla elettrochirurgia, cioè sulla capacità dell'energia elettrica di produrre calore, provocando l'evaporazione dell'acqua e la coagulazione delle proteine cellulari. Tale tecnica viene frequentemente impiegata:

  1. in molte malattie della pelle
  2. nei condilomi acuminati
  3. nelle creste di gallo.

Durante l'intervento la corrente elettrica ad alta frequenza viene applicata sui tessuti e provoca una lesione simile ad un'ustione, tuttavia questa guarisce piuttosto rapidamente, perché la stessa diatermocoagulazione provoca la perfetta sterilizzazione della ferita. Essendo una pratica un po' dolorosa viene, di solito, eseguita sotto anestesia locale.

Si adopera la Diatermocoagulazione di condilomi in presenza di condilomi che si manifestano come una patologia molto diffusa, questi consistono in particolari lesioni, visibili come piccole escrescenze uniche o multiple localizzate nell'apparato genitale e nella zona perianale sia maschile che femminile. Nella donna si possono manifestare: - nel basso tratto genitale - sul collo dell'utero assumono un aspetto pianeggiante (condilomi piani) e sono identificabili mediante colposcopia - in vagina o nella vulva si presentano in forma di lesioni verrucose, spesso multiple.
I condilomi sono causati dal virus HPV (Human Papilloma Virus) e sono per lo più asintomatici, tuttavia possono causare prurito localizzato, è bene tenerli sotto controllo in quanto il virus HPV, in questo caso, può causare alterazioni tumorali delle cellule appartenenti alla mucosa che riveste il collo dell'utero.

Colposcopia

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 20:19
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La colposcopia (anche esame colposcopico) è un'indagine diagnostica di secondo livello; non è cioè un esame routinario che viene eseguito come test di screening per evidenziare la presenza di lesioni neoplastiche; a questo scopo viene infatti eseguito un altro tipo di esame, il pap test.
Il termine colposcopia deriva dai termini greci kolpos (vagina) e skopeo (osservazione).


La colposcopia è una tecnica diagnostica non particolarmente recente dal momento che fu ideata quasi un secolo fa da un ginecologo tedesco, Hans Hinselmann.
La colposcopia è un esame che consente un'osservazione accurata degli organi genitali della donna e che viene eseguita con un apposito strumento detto colposcopio; non è un esame doloroso e nemmeno invasivo, anche se in alcune circostanze può essere un po' fastidioso; per l'esecuzione dalla colposcopia non è richiesta anestesia, la sua durata è alquanto limitata (si va dai 10 ai 15 minuti). Non esistono particolari controindicazioni all'esecuzione della colposcopia nel periodo della gravidanza.


L'esecuzione della colposcopia richiede l'utilizzo di soluzioni che, a contatto con le mucose degli organi genitali, consentono di avere una visione migliorata delle eventuali lesioni che possono essere presenti. Le soluzioni che vengono generalmente utilizzate per lo svolgimento dell'esame colposcopico sono l'acido acetico o la soluzione di Lugol (anche reattivo di Lugol).
Scopo della colposcopia è quello diagnosticare con precisione le patologie a carico del tratto genitale inferiore con il fine ultimo di indirizzare correttamente le scelte terapeutiche.
La colposcopia è un esame affidabile; per quanto una colposcopia che risulti normale e una biopsia negativa non siano una condizione sufficiente a escludere la presenza di una lesione neoplastica, le probabilità di tale presenza risultano decisamente ridotte.
Se i risultati di una colposcopia non sono concordanti con quelli di un pap test (colposcopia e biopsia normali e pap test positivo) può rendersi necessaria l'esecuzione di una nuova biopsia.
Una colposcopia con biopsia positiva per la presenza di cellule neoplastiche è generalmente sufficiente a porre la diagnosi di cancro del collo dell'utero.

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HPV Test

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 20:16
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Il Papillomavirus Umano, acronimo di HPV, è un virus comune che infetta la pelle e le membrane mucose. Esistono oltre 150 tipi di HPV.

I tipi di HPV che causano i comuni condilomi, simili alle verruche che si formano su mani e piedi, si trasmettono tramite il contatto cutaneo. Inoltre, è anche possibile contrarre questi tipi comuni di verruche dopo avere condiviso asciugamani od altri oggetti con una persona che ne è affetta.

Circa 30 tipi di HPV si trasmettono esclusivamente tramite contatto intimo sessuale. Questi tipi di HPV possono essere: 1) "ad alto rischio", quando persistono nell’arco di parecchi anni, possono causare il cancro cervicale oppure 2) "a basso rischio", quando non sono oncogeni, ma possono causare condilomi. A meno che non si sviluppi un tumore o un condiloma, l'unico modo per sapere se si è infetti con il virus è di sottoporsi al test HPV.

Il tumore del collo dell’utero può essere efficacemente prevenuto. La causa conclamata è lo Human Papillomavirus (HPV). Oggi, le tecnologie disponibili sono in grado di rilevare la presenza dei ceppi di HPV che causano il cancro, e determinare quali donne sono maggiormente a rischio di sviluppare questa malattia. Di seguito troverete le informazioni sul test HPV e sul Pap test per capire come ridurre in modo significativo il rischio di questa malattia.

Le linee guida del test HPV sono diverse per le donne di età superiore ai 30 anni e per quelle più giovani.

Sebbene le infezioni da HPV siano molto comuni nelle donne di età inferiore ai 30 anni, di solito esse si risolvono spontaneamente nell’arco di un breve periodo di tempo. E’ per questo che le linee guida non raccomandano alle donne di questa fascia di età di sottoporsi regolarmente al test HPV.

Nelle donne oltre i 30 anni di età la probabilità che le infezioni da HPV siano persistenti è maggiore. Ecco perché si raccomanda loro di sottoporsi regolarmente al test HPV, insieme con il Pap test.

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Il Thin-Prep

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 19:49
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Il primo reale miglioramento del Pap Test è oggi rappresentato dal Pap Test su strato sottile (cosiddetto “Thin-Prep” ), che rappresenta il metodo più sensibile per lo screening del carcinoma cervicale.
Il Pap Test su strato sottile si effettua tramite prelievo delle cellule del collo dell’utero da parte del ginecologo.

La procedura è del tutto indolore ed è molto simile a quella del Pap Test.

Invero, una volta prelevate le cellule, il medico, anziché strisciarle su di un vetrino, le sospende in un flacone contenente un liquido conservante. Il flacone viene poi inviato presso il nostro laboratorio di Anatomia Patologica, dove, con l’ausilio di tecnici e biologi, un apposito strumento allestisce il campione eliminando i cosiddetti “materiali interferenti” (cellule infiammatorie, batteri, sangue). Le cellule sono quindi trasferite su un vetrino in monostrato (“strato sottile”).

Gli studi di screening condotti su centinaia di migliaia di donne hanno dimostrato costantemente che il test così concepito, a differenza del Pap Test, è più attendibile.
Inoltre, dallo stesso campione di cellule, possono essere eseguiti, se necessario, ulteriori approfondimenti diagnostici.
In ogni caso va detto che il Pap Test ed il Thin Prep sono strumenti efficaci per la diagnosi precoce del cancro del collo dell’utero ma non sono utili per la diagnosi dei tumori delle ovaie, dell’endometrio e del corpo dell’utero.

Pap test

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 19:45
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Il pap test è un esame in grado di diagnosticare in modo rapido e precoce la presenza di un eventuale tumore al collo dell'utero.
 
Tale forma di cancro, fino a pochi anni fa seconda per diffusione soltanto al Pap testcarcinoma mammario, grazie ad un'ampia opera di prevenzione è scesa al quarto posto nelle statistiche dei tumori femminili più frequenti.
Il pap test è molto utile poiché il tumore del collo dell'utero, conosciuto anche come carcinoma della cervice uterina, progredisce lentamente e, se diagnosticato in tempo, può essere curato rispettando l'integrità anatomica e funzionale della zona.
Dall'analisi del campione citologico possono essere raccolte numerose altre informazioni, come la presenza di eventuali lesioni precancerose. Importantissima è la diagnosi di infezione da un particolare virus chiamato papilloma virus (HPV). Tale agente infettivo fa parte di una famiglia molto estesa di virus, molti dei quali totalmente innocui per l'organismo femminile e comunque non implicati nel rischio oncogeno.
 
Negli ultimi anni si è però scoperto che alcuni di questi ceppi virali sono tra i principali responsabili del carcinoma al collo dell'utero. Una volta infettata la cervice questi virus trasferiscono il proprio DNA nel nucleo delle cellule, che possono rispondere all'infezione moltiplicandosi in modo abnorme. Tuttavia, come preciseremo meglio in seguito, molte infezioni da papilloma virus regrediscono spontaneamente senza causare alcun danno.
Dall'esame citologico è anche possibile raccogliere tutta una serie di dati sull'equilibrio endocrino della donna, in quanto i diversi ormoni sessuali influenzano la maturazione delle cellule che compongono i diversi strati dell'endometrio.
Il pap test può inoltre evidenziare la presenza di eventuali infezioni batteriche o micotiche come la candida.
Il pap test è un esame citologico che studia con l'aiuto del microscopio le alterazioni delle cellule del collo dell'utero. Per analizzare tale regione vi è la necessita di prelevare una piccola quantità di cellule sfaldate che verranno esaminate in laboratorio.
Pap test esecuzioneL'esecuzione del pap test dura una decina di minuti, solitamente è indolore, e solo in alcune donne può provocare lievi fastidi.
 
Inizialmente la paziente viene invitata a spogliarsi dalla vita in giù e a sdraiarsi supina su un apposito lettino con le gambe leggermente divaricate.
 
Il medico applicherà lo speculum, uno speciale strumento che dilata leggermente l'apertura vaginale in modo da favorire il prelievo
 
Verrà poi delicatamente inserita una speciale spatola che insieme ad un apposito spazzolino raccoglie piccole quantità di muco dal collo dell'utero e dal canale cervicale
 
Tale campione, costituito da cellule d'esfoliazione, verrà poi esaminato in laboratorio grazie all'ausilio di appositi metodi di colorazione e ad un approfondito esame computerizzato.
 
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Flussimetria fetale

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 19:43
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Esame da eseguire dalla 32^ settimana di gravidanza fino al termine a vescica vuota, con una sonda addominale. Si utilizza un doppler pulsato, un ecocolor doppler ed un energy color doppler. Raramente, solo se il ginecologo che esegue l’esame lo ritiene necessario si passa ad un’osservazione con una sonda transvaginale. Non è fastidioso. La sua esecuzione prende di solito dai 15 ai 30 minuti. L’esame presenta il suo valore dopo la 32^ settimana di gestazione. Va ripetuto più volte a giudizio del ginecologo curante.

Si tratta della più importante metodica oggi disponibile nel riconoscere lo stato di salute intrauterino del feto. Essa analizza in modo articolato ed a seconda dei casi diversi vasi fetali, tra i quali maggiore importanza hanno:

  1. Elasticità dell’arteria ombelicale
  2. Elasticità dell’arteria aorta fetale
  3. Elasticità dell’arteria cerebrale media fetale
  4. Elasticità dell’arteria carotide fetale
  5. Velocità ed accelerazioni nei distretti cardiaci fetali
  6. Sfigmogrammi venosi fetali (dotto venoso, cava, vena ombelicale)

Lo scopo di tale esame è quello di individuare precocemente l’insorgenza di una ipossia cronica nel feto. Di scongiurare l’insorgere d una condizione di asfissia e di danni ipossico ischemico cerebrale. L’esame è di fondamentale importanza sia nel monitoraggio della gravidanza fisiologica che, a maggior ragione, di quella a rischio. L’esame va ripetuto e consigliato a seconda del caso, a giudizio dell’ostetrico curante.
In quale misura questo esame dipende dall’esperienza e dalle capacità dell’operatore:in misura totale. Tale esame è affidato esclusivamente ad un operatore molto esperto. Solitamente un ginecologo perinatologo che
ha seguito uno specifico training e che si occupi di medicina fetale.

Ecografia morfologica fetale

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 19:39
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L’ecografia morfologica è uno degli esami più importanti che una donna si trova ad affrontare durante il delicato periodo della gestazione. Può essere definito come il canonico giro di boa, la verifica che, ponendosi a metà strada del periodo gestazionale, fornisce alla futura mamma importanti informazioni circa lo stato di salute del nascituro.


Solitamente l’ecografia morfologica viene effettuata nel secondo trimestre di gravidanza e viene prescritta dai ginecologi, come controllo di routine da eseguire tra la 19ma e la 21ma settimana di gravidanza. Il periodo di riferimento da tenere in considerazione per la prescrizione di questo esame, è un elemento molto importante. Intorno al 5° mese di gravidanza, infatti, il feto è sufficientemente grande per permettere al medico di valutare con precisione la regolare formazione ed il corretto sviluppo di alcuni organi vitali. Tuttavia, nel caso in cui si presumano eventuali problemi a carico degli organi vitali del feto, può essere richiesta anche una morfologica precoce, che può essere effettuata sin dalla 16ma settimana.


Gli organi che costituiscono oggetto d’esame durante l’ecografia morfologica solitamente sono:

  1. la testa(con esame approfondito del profilo, delle labbra, della struttura del tessuto oculare, della conformazione degli occhi, della distanza che li separa l’uno dall’altro e delle varie parti del cervello);
  2. la conformazione ossea della colonna vertebrale (esame utile per accertare la totale assenza di malformazioni a carico della spina dorsale);
  3. la cassa toracica e gli organi interni(polmoni, intestino, stomaco);
  4. le pareti dell’addome (per essere certi della totale chiusura delle pareti addominali);
  5. cuore(con analisi dettagliata eseguita esaminando le varie sezioni dell’organo, la regolarità del battito, il flusso sanguigno);
  6. cordone ombelicale (analisi necessaria per assicurarsi che il feto riceva il giusto apporto nutritivo nel corso della sua vita intrauterina);
  7. arti superiori ed inferiori (per verificare il corretto sviluppo degli arti e valutarne il regolare accrescimento).

 

Ma oltre a questo, l’esame morfologico può essere un valido strumento anche per prevenire o contrastare la comparsa di pericolose patologie che, in quest’epoca gestazionale potrebbero fare capolino. Tra queste, ricordiamo la gestosi e la grave condizione di IUGR (scarso accrescimento intrauterino del feto). Mentre la gestosi è una grave patologia che colpisce le donne in stato di gravidanza e di cui le cause scatenanti sono ancora pressoché sconosciute, il ritardo di crescita intrauterino può avere diverse cause (un malfunzionamento della placenta, una resistenza a carico delle arterie uterine). È per questo che, durante l’esame morfologico il professionista che esegue l’esame dovrebbe (e sarebbe opportuno pretendere che lo faccia!) controllare il corretto funzionamento delle arterie uterine. Le arterie sono due, sono poste ai lati dell’inguine della donna ed assolvono all’oneroso compito d’irrorare la placenta e garantirne il corretto funzionamento.

Una resistenza a carico di queste arterie, deve quindi fungere da serio campanello d’allarme e dovrebbe essere sufficiente per richiedere una sequela di controlli più serrati (flussimetria) e finalizzati a garantire la regolarità dei flussi sanguigni.

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Test di Screening Ecografico delle Anomalie Cromosomiche del Primo Trimestre di Gravidanza

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 19:34
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La maggior parte dei bambini nasce senza apparenti difetti congeniti. Tuttavia il 4 - 5% dei neonati presentano anomalie strutturali che possono essere maggiori o minori. Ogni donna, indipendentemente dalla sua età, ha un piccolo rischio, stimato in 1:100 casi, di partorire un bimbo con un handicap fisico e/o mentale. Nella maggioranza di questi casi l’handicap è dovuto ad anomalie cromosomiche come la Sindrome di Down. L’unico modo per conoscere con certezza prima della nascita se il feto sia affetto o no da un’anomalia cromosomica è quello di effettuare un’indagine invasiva come il prelievo dei villi coriali o l’amniocentesi. Queste indagini hanno un rischio d’aborto aggiuntivo che oscilla dallo 0,5% all’ 1%; per questo motivo il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) le ha riservate alle donne che hanno un rischio di base più alto, come quelle che hanno 35 anni compiuti al momento della gravidanza.

Cosa si può fare se non si rientra in un gruppo a rischio?

Si può accedere ad un test di screening, un esame che valuta la probabilità statistica che il feto possa essere affetto da una patologia cromosomica maggiore, e che si limita a suggerire o rafforzare l'idea di effettuare test diagnostici invasivi.
I test di screening sono esami ecografici sul feto e/o indagini biochimiche sul sangue materno, per mezzo delle quali si dosano alcune sostanze che possono variare nelle quantità qualora siano presenti alcune patologie cromosomiche. Non sono esami invasivi (quindi non comportano rischi per la madre e/o per il feto), e forniscono un risultato che indica un rischio di probabilità. Essi ci dicono in pratica se il rischio di patologia cromosomica fetale è maggiore o minore del rischio atteso in funzione dell’età materna. Il test può fornire un risultato positivo per alterazioni cromosomiche, anche in assenza di reale patologia, e ciò succede in circa 1 volta ogni 20 casi (5% di falsi positivi). Purtroppo, molto più raramente, può risultare negativo anche in presenza di un difetto cromosomico fetale (falsi negativi). Lo screening consente di identificare tra tutte le gestanti quelle che risultano avere un rischio uguale o superiore a 1 su 350 (test positivo); solo a queste pazienti viene offerta la possibilità di accedere ad un’indagine invasiva e ottenere il cariotipo fetale.ntr

Ecografia tridimensionale in 3D - 4D

  • Mercoledì, 13 Novembre 2013 19:30
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Ecografia 3d e 4d Roma, Ecografia 3d e 4d Caltanissetta, Ecografia 3d e 4d Palermo, Ecografia 3d e 4d Catania.

L' ecografia standard o bidimensionale, esegue sezioni delle strutture che attraversa e le restituisce in bianco e nero. Utilizzando le metodiche 3D-4D, l’apparecchiatura memorizza un certo numero di sezioni ed effettua il cosiddetto "rendering", che consente di ottenere un'immagine tridimensionale estremamente accurata e molto simile all'originale.

L'ecografia 3D consente di ottenere delle immagini statiche delle foto delle fattezze del feto. La procedura di acquisizione a volte è relativamente indaginosa, in quanto l'acquisizione va effettuata muovendo manualmente la sonda. Questo comporta tempi di acquisizione relativamente alti e incertezza nella qualità del risultato. Spesso infatti occorre ripetere la procedura più volte allo scopo di ottenere immagini soddisfacenti.

L'ecografia 4D consente invece di visualizzare l’immagine tridimensionale in movimento ed in tempo reale. Si vedrà quindi in diretta, il feto muovere le manine, succhiarsi il dito, giocherellare con il cordone ombelicale etc. Nel caso della ecografia quadrimensionale vengono utilizzate speciali sonde chiamate “volumetriche” in grado di acquisire 25–30 fotogrammi al secondo senza movimento della sonda; ne consegue una immediatezza nella visualizzazione dei particolari tridimensionali fetali.

In definitiva l'ecografia tridimensionale può essere paragonata alla tecnica fotografica, l’ecografia quadrimensionale alla rappresentazione video.

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